AMARE PRIMA DI NOMINARE
Oggi si usa pensare che riconoscere un albero significhi saperne il nome. Come se, per ammirare ed amare la corteccia dal colore mimetico-militare e le larghe foglie, io debba sapere che si chiama “Platano”. Ebbene, io dico: non è vero. Anzi, ben prima di sapere il nome di un albero, di una nota (sono musicista da più di trent’anni, so bene di cosa parlo), di un dipinto… di una persona!… si deve PRIMA di tutto vederne la bellezza e la natura interiore, intrinseca al semplice fatto che quella “cosa” esiste e si manifesta davanti a noi.

Ricordate le poesie imparate a memoria a scuola? Facevano cadere le palle un po’ a tutti, diciamocelo, maschi e femmine in par condicio. Perché una poesia non è nata per essere imparata a memoria, ma per suscitare un brivido nell’anima fino ad affiorare sulla pelle, irradiando l’epitelio come se cercasse di uscire da noi, per espanderci…

Ad oggi una delle poesie che amo di più è “le Biciclette di Giorgio Caproni, che (te pareva) a scuola non si fila quasi nessuno. Una poesia lunga, mentre in genere amo le poesie corte, ancor di più quelle cortissime! Una poesia di cui, sempre ad oggi, non ho mai “capito” il senso logico-razionale. Eppure, la sua ultima stanza mi sbatte all’aria una pelle d’oca senza pudori, mi fa salire un pianto che mi tira fuori un “Cazzo bravo cazzo!!”, un amore incontrastabile per delle parole messe in fila su un foglio e per la mano che, lì, ce le ha messe.

Così quando guardo un albero di cui non so associare il nome, la mia personalità ritiene che “Ah, non sai il nome, non lo conosci, ignorante!”. Sorride a lei la mia anima, porta le mie dita a tastarne corteccia e foglie, i miei occhi a osservarne la luce, a immaginarne le radici, il mio naso ad aprirsi al suo aroma a volte invisibile e altre così palese, le mie orecchie a tradurre il suo sussurro fra il vento e i passi. L’albero diventa essere vivente, spirituale. Allora anche il suo nome diviene espressione dell’essere spirituale, e si può riempire di queste sue qualità. Ma è la cosa meno importante, e si può anche non sapere.

Anzi, per vedere, riconoscere e amare, a volte è decisamente meglio.

Un abbraccio,
Matteo (o almeno questo è il mio nome)