Quando il suo corpo cresce, il serpente cambia pelle. Scopre così di avere una nuova veste già pronta e adatta alle sue accresciute dimensioni; un abito più attuale. Prima che tale ricambio avvenga il serpente è irrequieto, mangia poco e beve più acqua, in modo da idratarsi e, inconsapevolmente, nutrire quel nuovo epitelio già in formazione, ma ancora nascosto. Per far spazio a ciò che in lui è nuovo e inevitabile sperimenta un disagio profondo. Soffre. Ma il serpente fa tutto questo guidato dall’istinto e dall’intelligenza della natura. Non si oppone e non fa resistenza. Vive il suo cambiamento per quello che è: una fase di passaggio necessaria, il cui risultato è la sua trasformazione.

L’essere umano non è un serpente, purtroppo per lui, o per lei. A differenza del serpente pensa a quello che gli sta accadendo e lo considera secondo un’ottica di valutazione duale: giusto o sbagliato. Questo fa sì che, nonostante la nostra continua e inevitabile trasformazione, nonostante il nostro intimo impulso a crescere e ad evolvere, noi spesso decidiamo che quello che sta accadendo nella nostra vita sia sbagliato, per il semplice motivo che quell’avvenimento ci provoca sofferenza e non piacere.
Così l’essere umano ama creare attrito fra sé e la sua stessa esistenza. Ama passare ore ed ore a rimuginare su episodi accaduti e che avrebbero potuto, o meglio, che avrebbero dovuto accadere in un modo differente. Addirittura, ama fantasticare su fatti che accadranno in un futuro, prossimo o lontano, e che vorrebbe andassero esattamente secondo le sue aspirazioni. Cosa che, in genere, poi non accade, perché succede l’esatto contrario e la vita sembra prendersi gioco di noi. Che sfiga. Ma non si tratta di fortuna o sfortuna. Perché l’essere umano comune non lo sa, ma sono le sue emozioni e non i suoi pensieri a creare la realtà che lo circonda. Hai voglia a ripeterti “andrà tutto bene andrà tutto bene tutto bene tutto bene bene bene bene”, se nel tuo inconscio provi sfiducia, immerito, disprezzo o altre emozioni negative nei confronti dell’azione che stai per compiere (un colloquio di lavoro, la prima uscita galante, una prestazione artistica o sportiva ecc. ) puoi dedurre da te quale sarà il risultato.

A questo punto, invece che imbestialirsi contro mondo/Dio/destino/la legge di Murphy o la postina, sarebbe interessante chiedersi: in base a cosa valutiamo se un avvenimento passato è avvenuto realmente nel modo giusto o sbagliato? In base a quale parametro stabiliamo come un evento futuro dovrebbe accadere per essere la cosa giusta? Tornerò su queste domande e cercherò di farlo comunicando più al vostro cuore che alla vostra testa, perché, se siete messi come me, quella è già abbastanza piena di roba. Più che di leggere avrebbe bisogno di una sauna.

Oggi, con il mio primo articolo, che è un primo passo con indosso una nuova pelle, voglio concedermi il lusso di essere cauto e di prendere le misure. Ritorno, quindi, all’immagine iniziale del serpente (non me ne voglia chi dei rettili ha ribrezzo. Io ne conosco bene uno, scusami GM) e arrivo al dunque…

Per compiere la sua trasformazione il serpente si aiuta sfregando il corpo contro gli ostacoli che incontra sul percorso. L’essere umano cambia la sua pelle in modo lento e costante, cellula per cellula. Escluse le ustionate che ci si becca facendo i fenomeni sotto al sole estivo, dopo mesi rinchiusi in fabbriche, uffici e nelle nostre case-bunker, è un processo di ricambio che avviene in maniera praticamente impercettibile. Diversamente fa la nostra coscienza, la quale è solita cambiare la sua veste, che siamo noi, in modo intenso e ben visibile. La Pelle dell’Anima si fa improvvisamente stretta quando siamo pronti al cambiamento, al balzo interiore. Abitudini, relazioni, professione, frequentazioni, finanche letture, musiche, cibi. Ciò che fino a ieri andava bene, ora inizia a starci stretto. Di conseguenza ci aggiriamo inquieti nel nostro ambiente che, per qualche strano motivo, non percepiamo più così “nostro”. Tutto, dapprima silenziosamente e poi sempre più rumorosamente, ci chiede di cambiare. La Paura, vecchia compagna di viaggio nelle nostre avventure e mamma di tutte le emozioni negative, viene attivata dai nostri meccanismi inconsci e bussa prepotentemente alla porta del cuore. Sì, perché cambiare pelle significa lasciarsi alle spalle un pezzo di se stessi e, anche se quel pezzo risulta ormai vecchio e da “lasciar andare”, dentro di noi si insinua il dubbio che quel cambiamento possa essere sbagliato. Il timore che, effettuata la trasformazione, più nessuno ci vorrà né ci amerà per quello che saremo. L’unica risposta alla domanda “È giusto o è sbagliato?”, può fornircela solo l’esperienza diretta e individuale.

Senza Coraggio (azione del Cuore) non ci sarebbe mai una trasformazione voluta. L’essere umano che trasforma la propria interiorità e che coscientemente accresce il proprio livello di consapevolezza, lo fa sfregando la Pelle dell’Anima contro le paure e gli abissi che incontra sul cammino. E’ l’essere umano capace perfino di non lamentarsi di questo mondo schifosamente bello. L’essere umano che non opponendosi al cambiamento, accettando la sfida della sua crescita e affrontando la paura che bussa al suo cuore e la sofferenza che lo invade, è colui che procede deciso verso una gioia fatta di conoscenza di sé e di amore per quello che la vita costantemente gli offre. Perché la vita ci corrisponde, sempre.

Un abbraccio esfoliante

Matteo