…MALEDETTA PRIMAVERA! Cantava Loretta Goggi agli albori dei favolosi anni ’80, per la precisione nell’81. Ero nato da soli due anni, ma credo di aver avuto già fretta. Fretta di cambiare, per arrivare a star bene. Un po’ come questa primavera (o primafalsa, staremo a vedere…) che gioca d’anticipo. Corriamo sempre. E, più che un correre, a me pare che sia un fuggire. Scrisse uno dei nostri famosi poeti: “Ognuno sta solo sul cuor della terra / trafitto da un raggio di sole: / ed è subito sera”. Decisamente melanconica, ma è così: il tempo fugge, gli anni si accalcano e manca l’aria con dentro le urla ed i balzi della fanciullezza. Sti’ cazzi, direte voi, mo’ ci spariamo e la facciamo finita. No, care amiche e cari amici, per quanto mi riguarda la malinconia non è più un qualcosa da coltivare e da cullare nel nostro corpo di dolore. È un sentimento come gli altri, che amo e rispetto, ma questo non vuol dire farci dentro la sauna!

Se osservassimo con più attenzione, ci accorgeremmo che fuggiamo proprio da quello che cerchiamo: la quiete, oppure chiamatela gioia, serenità o anche felicità. Insomma, quello. Non possiamo correre in preda all’ansia da prestazione e trovare la quiete! L’appagamento che cerchiamo è illusorio, vive nelle nostre menti e non bagnerà mai i nostri cuori e le nostre membra.

Solo con un balzo di quelli della giovinezza, folle e fiducioso, saremo in grado di capovolgere queste parole e trovare il loro significato. La vita è già piena, non ha bisogno del nostro affannarci, ma del nostro fluire folle e fiducioso. Come l’acqua, che va ovunque con eleganza esemplare; potente a volte, delicatissima altre. Ma sempre seguendo né più né meno che il suo corso, la sua strada, l’unica possibile. A volte pazienta creando pozze, oppure lascia che una mano umana la raccolga in dighe e lei docile obbedisce, ma se la diga è costruita male o per eventi inattesi, eccola divampare come il più potente degli incendi. A volte scorre impetuosa sul percorso ripido dei torrenti, o calma e pachidermica nei grandi letti fluviali. A volte è lago silente, è ghiacciaio altero, è mare immenso e primitivo.

La nostra fretta è quella di chi non sa di essere acqua, eppure lo è. Corriamo pure, affanniamoci, desideriamo, chiediamo, incalziamo… Nulla ci sposterà nemmeno di un millimetro da ciò che siamo dentro di noi, che poi è ciò che incontreremo fuori di noi, hai voglia ad incazzarti col mondo! E allora? Niente più programmi e corse all’ultimo minuto per consegnare un lavoro, per recuperare i figli a scuola, uno, e l’altro in piscina, anzi no! Oggi ha lezione di chitarra da quel figo di Matteo (pubblicità occulta). Ce ne sbattiamo di tutto? Lasciamo che vada tutto a scatafascio (bel termine e oggi ho voglia di parentesi tonde) e facciamo come tanti Ponzio Pilato? A me sembra che anche questa ipotesi non sia che l’ennesima richiesta, l’ennesimo capriccio di questo povero ego, che deve fare tutto lui poverino.

Il punto non è cambiare l’azione, ma il modo in cui la compiamo sì. Riempiendoci di significato e, come l’acqua, sentendoci scorrere nella vita nell’unica direzione possibile, che ci corrisponde per ciò che siamo e non per ciò che chiediamo. E se accettassimo quello che accade, anche quando infastidisce o crea vero e proprio dolore? Se accettassimo le cose belle, senza paura che finiscano o di perderle? L’acqua non chiede dove andare e può passare improvvisamente dal lento al veloce, dall’assolato al buio, dallo sporco al cristallino.

La fretta di cambiare è la paura di ciò che siamo. E la paura di ciò che siamo ci impedirà di cambiare. Fino a quando non tirerai il fiato, sorridendo un poco e schiarendo il tuo sguardo lì dove sei, lì dove vai. Panta rei.

 

Un abbraccio folle e fiducioso

Matteo